Carlo Bifone, in arte Carlo Bini, nacque nel 1937 in un’umile casa di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. Unico figlio maschio oltre a sei sorelle, era il secondogenito di Antonio, pescivendolo e uomo bonario, e di Teresa, donna intelligente e decisa.

A quindici anni lasciò la scuola per lavorare vendendo pesce, ma dimostrò presto talento per il biliardo. Come lo Spaccone nel film con Paul Newman, cominciò a fingere di essere un giocatore inesperto per poi vivere delle scommesse che vinceva sbaragliando tutti quelli che provavano a sfidarlo. Nel 1955 aprì a Caserta la propria sala da gioco e iniziò a girare l’Italia da biliardista, diventando campione nazionale di stecca nel 1963.

Alla fine degli anni Cinquanta, l’incontro, per caso, con la musica. Provò dapprima a iscriversi al Conservatorio, dove fu rifiutato per problemi di salute pregressi, ma non si diede per vinto: finì per trovare un maestro nel compositore e pianista Mino Campanino, che da quel momento in poi avrebbe frequentato ogni giorno per cinque anni, seguendo solo le sue indicazioni senza mai esibirsi altrove. Guidato dal suo maestro, seguì il percorso classico del conservatorio, anche se formalmente non si diplomò mai.

All’inizio degli anni Sessanta, l’esordio musicale poco edificante: Carlo aveva troppa voce per la musica leggera, ma troppo poca per la lirica. Il maestro lo indirizzò allora verso l’operetta, in cui debuttò nel 1965. Cominciò a girare il mondo assieme alla compagnia che lo aveva assunto, La Compagnia Grandi Spettacoli di Operette guidata dall’attore Carlo Campanini. Su suggerimento di quest’ultimo, il tenore assunse il nome d’arte di “Carlo Bini”, ritenuto dall’attore più musicale del suo cognome d’origine.

Fu proprio Campanini a instillare per primo nell’attore il dubbio sulla pochezza morale della sua vita. Famoso tenore di operetta, Carlo Bini viveva una vita superficiale, era un dandy e un seduttore, ma Campanini, che nel frattempo era diventato un amico, vedeva in lui il terreno fertile per un miglioramento. Gli parlò molto di Padre Pio, il suo padre spirituale, che Carlo conobbe per la prima volta nel 1966, in un incontro che terminò col frate che lo cacciava a male parole: «Vattene», gli disse, «tu vivi come una bestia». Queste parole suscitarono nel tenore il bisogno di mettere in questione il senso della propria vita e attivarono in lui un processo di cambiamento che, l’anno successivo, lo portarono a incontrare nuovamente il futuro santo, che in un colloquio breve ma dall’intenso valore spirituale gli suggerì di aver finalmente imboccato la strada giusta.

Carlo Bini adesso sapeva che nella vita, come nel canto, poteva aspirare a obiettivi molto più alti. Nel 1967 era un tenore d’operetta famoso e ben pagato, mentre nella lirica non era nessuno. Tutti gli ripetevano che per l’opera non aveva abbastanza voce, ma lui lasciò tutto per rimettersi a studiare col Maestro Mino Campanino, che, nel 1969, lo condusse a debuttare come tenore d’opera nella Madama Butterfly al San Carlo di Napoli, iniziando col teatro partenopeo un sodalizio che sarebbe durato diversi anni.

Fu il 1971 l’anno in cui, secondo le stesse parole di Bini, avvenne un miracolo: arrivato a Macerata per sentire la Lucia di Lammermoor cantata da Pavarotti, che poco prima dello spettacolo si era sentito poco bene, mezz’ora prima dell’entrata in scena venne chiamato a sostituirlo e, nonostante l’impreparazione, non sbagliò nulla. Tra il pubblico di Macerata era presente un agente che lo scritturò subito e da quel momento Bini non si sarebbe più fermato: nel corso dei tre decenni successivi si sarebbe esibito in molti dei maggiori teatri d’opera al mondo. Alla fine del 1971 convolò a nozze con Margaret, ballerina inglese conosciuta grazie alla Compagnia Grandi Spettacoli di Operette, che avrebbe vissuto al suo fianco per i successivi cinquant’anni.

Solo per menzionare alcuni dei teatri e delle esibizioni a cui prese parte, nel 1973 Carlo Bini debuttò al Teatro dell’Opera di Roma in Wozzek di Alan Berg, mentre nel 1974 cantò La Bohème a Stoccarda, dove per diversi anni sarebbe diventato il tenore di riferimento per il repertorio italiano. Nel 1975 approdò al New York City Opera dove si esibì nella Manon Lescaut e in questa occasione fu notato dalla direzione del Metropolitan Opera di New York, che lo scritturò per diversi spettacoli che si tennero nelle stagioni tra il 1978 e il 1982, tra cui una memorabile Carmen diretta da Giuseppe Patanè al fianco di Elena Obraztsova, e che lo resero celebre anche al pubblico internazionale. Nel 1977 debuttò in una Bohème diretta da Edoardo Müller al Teatro alla Scala di Milano, dove nel decennio successivo sarebbe tornato per cantare in tedesco il Wozzek, diretto da Claudio Abbado in un allestimento di Luca Ronconi, in russo la Chovanschina e I Lombardi alla prima crociata, diretto da Gianandrea Gavazzeni in un allestimento di Gabriele Lavia.

Tra gli anni Settanta e gli anni Novanta cantò, tra i molti altri, al Teatro Comunale di Bologna, all’Opera National di Parigi, allo Staatsoper di Vienna e a quello di Berlino, al Convent Garden di Londra, a San Francisco, a Miami, a Dallas e a San Diego negli Stati Uniti, a Calgary in Canada, a Santiago del Chile e a Buenos Aires in Argentina. Fu diretto e apprezzato da grandi direttori d’orchestra, che oltre a quelli già citati contano nomi come Carlos Kleiber, sir John Pritchard, Riccardo Muti e Riccardo Chailly. Cantò al fianco di soprani stimati come Renata Scotto, Montserrat Caballè, Ghena Dimitrova e Gwyneth Jones.

Carlo Bini visse sempre il successo planetario con scetticismo, perché in lui lo scintillio dei palcoscenici continuava a convivere col pragmatismo ereditato dalle sue umili origini. Negli anni Ottanta accettò di diventare presidente dei lirici italiani per spendere il proprio nome per colleghi meno famosi di lui.

Trasferitosi con la moglie Margaret nella campagna di Monsummano Terme, in Toscana, a partire dagli anni Novanta attenuò i suoi impegni nella lirica affiancandovi sporadiche esibizioni nell’operetta ma soprattutto la cura della terra, grazie a cui iniziò a produrre il suo olio e il suo vino e guadagnandosi l’appellativo di «tenore contadino». Nel 1993 venne nominato Grande Ufficiale della Repubblica Italiana per il suo impegno nella promozione della cultura italiana nel mondo.

Nel 2005 la carriera di Carlo Bini si arrestò bruscamente a causa di gravi problemi di salute. Nonostante l’addio alla vita come la conosceva, non smise mai di cantare, né di voler portare speranza a chi lo circondava, fino alla morte, avvenuta a Pescia, il 6 agosto del 2021, a causa di un aggravamento delle sue condizioni mediche.